
Matilde di Canossa e i suoi leggendari castelli
È una delle figure storiche più importanti del Medioevo, la grancontessa Matilde di Canossa, eppure è anche tra le più dimenticate. Vi propongo un itinerario tra i suoi castelli – e non solo – sull’Appennino Reggiano. Con un’incursione in Tibet e una negli Anni di Piombo

Indice
- Canossa e Rossena: immersione nel Medioevo
- Castello di Bianello: tra leggende e fantasmi
- Votigno: dove il Dalai Lama è di casa
- Le Brigate Rosse sono nate qui
- Sarzano e Carpineti: avamposti montani
- I MIEI CONSIGLI
Se tutti hanno sentito il detto “andare a Canossa”, non tutti conoscono la genesi di questa espressione, che è un vero unicum linguistico: non esiste, infatti, nessun altro detto legato a un episodio storico che sia riuscito a entrare nell’uso comune di circa una trentina di idiomi. Significa umiliarsi e chiedere perdono e si riferisce al famoso episodio divenuto proverbiale: nel gennaio del 1077 l’imperatore Enrico IV si presentò penitente sotto le mura del castello di Canossa implorando il perdono di Papa Gregorio VII (ospite di Matilde, fervente sostenitrice della Chiesa) che l’aveva scomunicato e che lo fece attendere tre giorni e tre notti scalzo nella neve prima di riceverlo. Matilde di Canossa all’epoca regnava su un territorio vastissimo, punteggiato da manieri, torri d’avvistamento e fortezze. Partiamo allora per un itinerario alla scoperta dei sui castelli, disseminati sulle pendici dell’Appennino Reggiano.
Canossa e Rossena: immersione nel Medioevo
Un itinerario alla scoperta dei castelli di Matilde di Canossa non può che partire da… Canossa! Siamo in provincia di Reggio Emilia, nel distretto delle Terre Matildiche e il castello di Canossa, benché sia diroccato, incute lo stesso un certo timore, appollaiato com’è su uno sperone di roccia a strapiombo su una vallata di candidi calanchi che si stemperano nel verde di castagneti e campi infiniti. Entrando fra le antiche mura, verrete quasi sicuramente accolti dallo storico Mario Bernabei, titolare del centro turistico Andare a Canossa e, soprattutto, depositario della memoria matildica, che vi racconterà sicuramente qualche aneddoto legato a Matilde: «L’incontro fra Gregorio VII ed Enrico IV rappresenta il primo momento di emancipazione della politica dalla religione e viceversa e Matilde ne è la fautrice: la Storia ha minimizzato il suo ruolo relegandolo a quello di pia donna, ma lei è stata una grande protagonista» mi ha spiegato Bernabei in occasione della mia prima visita a Canossa, che ha poi aggiunto: «È stata anche una femminista antelitteram: ha preso parte a numerose battaglie alla guida dei suoi eserciti, voleva un ruolo attivo all’interno della Chiesa – pare che il Papa le avesse promesso di farle dire messa se lei avesse fondato cento chiese – e amministra un territorio vastissimo che rivendica per discendenza, nonostante nel vigente diritto germanico l’eredità si trasmetta solo per via maschile; anzi, proprio per questo motivo, nel 1088 sostiene la creazione della prima università al mondo, quella di Bologna, dove si stava cercando di rilanciare il diritto romano, che prevede la discendenza matriarcale».
Man mano che si conoscono dettagli della vita di Matilde, non si può non restare affascinati dalla forza di questa donna, che parlava e scriveva quattro lingue – Carlo Magno, per esempio, non sapeva scrivere e firmava con una croce –, aveva idee moderne, una cultura incredibile e una vita ancora avvolta da leggende e misteri, come quello legato alla sua seconda sepoltura, quando il corpo venne trafugato da San Benedetto Po in provincia di Mantova e portato nientemeno che in Vaticano – tutt’ora è l’unica donna presente – con monumento funebre del Bernini.

La visita del Castello di Canossa, oltre a permettere un’immersione nel Medioevo – è possibile vedere il punto esatto dove il Papa ricevette l’imperatore – consente di abbracciare con lo sguardo un misterioso territorio lunare (la tradizione vuole che i calanchi siano stati creati dal diavolo in persona) dominato da un’altra fortificazione importante nel sistema difensivo matildico, la fortezza di Rossena, una vera “macchina da guerra” aggrappata a rosseggianti rocce vulcaniche, che ha mantenuto intatto l’aspetto severo della roccaforte, impreziosita all’interno da muri affrescati e camini decorati.
Castello di Bianello: tra leggende e fantasmi
L’incastellamento di Matilde era così fitto e compatto che basta allontanarsi di una manciata di chilometri per incontrare il castello dove, in occasione del grande incontro del 1077, alloggiò Enrico IV: Bianello. Immerso in un’oasi naturalistica Lipu e protetto sui colli circostanti dai ruderi di altre tre rocche – da qui il nome della località, Quattro Castella – il maniero ha una storia di secoli da raccontare, fatta di feudatari e famiglie nobili, di papi e imperatori, di episodi storici – come l’incoronazione di Matilde a vicaria imperiale d’Italia – di grandi amori contrastati – romantico quello d’inizio Novecento dell’allora proprietario Carlo Bacigalupo per la cantante lirica Caterina Coppa – e di grandi lasciti, come gli splendidi affreschi seicenteschi che ornano i soffitti delle camere padronali con il tema della gelosia. Ma il castello racconta anche di misteri da brivido, come quello dell’affresco quattrocentesco di Matilde staccato dal muro e scomparso – sostituito poi con una copia ottocentesca – o come la storia del misterioso fantasma: «Si tratta di una dama spesso vestita di verde non ancora identificata storicamente, che protegge le sorti del castello e che si è mostrata più volte nel corso dei secoli» mi racconta Danilo Morini, storico e assessore alla Cultura e ai Beni Storici di Quattro Castella, mostrandomi su un muro i segni delle pallottole sparate da uno degli ultimi proprietari durante un’apparizione notturna della dama e uno specchio che, immortalato in una fotografia, avrebbe restituito, nitida, la silhouette di una figura femminile.
Ancora una manciata di chilometri e ritroviamo Matilde al castello di San Polo d’Enza – rimaneggiato e ingentilito nel Quattrocento –, scenario di uno storico scontro tra il suo esercito e quello dell’imperatore nel 1092.
Votigno: dove il Dalai Lama è di casa
Tornando verso Canossa e quasi perdendosi nella tranquillità delle colline, si approda allo splendido borgo di Votigno, quanto di più inaspettato si possa trovare da queste parti: dove un tempo era stanziato il quartier generale delle truppe di Matilde, oggi sorge la… Casa del Tibet, unica realtà del genere in Italia e prima in Europa, fondata dal dentista reggiano Stefano Dallari nel 1990 per diffondere e preservare la cultura tibetana: «Dopo un viaggio in Ladakh ha iniziato a prendere forma l’idea di creare proprio qui, dove Matilde è riuscita a scongiurare una guerra attraverso il dialogo tra Papa e imperatore, un centro culturale tibetano». La magia che Stefano è riuscito a creare a Votigno è proprio nella sintesi tra la spiritualità buddista – che si respira nei simboli che decorano le case in pietra, negli oggetti sacri che si mescolano al tessuto urbanistico medievale, negli arredi interni – e le reminiscenze storiche che permeano il piccolo agglomerato. «L’idea è piaciuta così tanto al Dalai Lama che, nel 1999, ha voluto essere presente quando abbiamo inaugurato l’area museale per custodire oggetti rari e curiosi che ho raccolto durante i miei viaggi (Stefano ha avviato due studi dentistici a Dharamsala, attualmente autogestiti da dentisti locali, e si dedica ogni anno a diversi progetti umanitari, ndr); in quell’occasione Sua Santità ha ricevuto anche la cittadinanza onoraria da parte di 23 comuni matildici».

Le Brigate Rosse sono nate qui
Ma i rimandi storici e le curiosità di questo angolo di Appennino non sono finiti: se è vero che siamo nella terra del bien vivre e del buon mangiare, quando la fame si fa sentire non si può non fare una sosta allo storico ristorante Da Gianni, a Costaferrata, dove mangiare degli ottimi tortelli ascoltando i racconti della proprietaria, la signora Anna; il locale è infatti famoso per aver visto la nascita delle Brigate Rosse: «Me li ricordo bene – racconta Anna – era l’estate del 1970, volevano sempre un tavolo appartato e parlavano fitto fitto. Dicevano di essere degli studenti venuti in campagna, ma avevamo capito che non lo erano. Solo dopo abbiamo saputo chi fossero davvero». Ed è proprio a quei tavoli che Renato Curcio, Prospero Gallinari, Alberto Francheschini e Tonino Loris Paroli hanno inventato il simbolo diventato poi tristemente famoso e hanno posto le basi ideologiche e strategiche che avrebbero segnato gli anni di Piombo.
Sarzano e Carpineti: avamposti montani
Salendo sui rilievi appenninici, è sempre Matilde la protagonista del paesaggio, con le sue rocche difensive che occhieggiano minacciose dai colli più impervi; ancora due di esse meritano una visita: Sarzano, castello antichissimo del quale restano oggi parte della cinta muraria, del mastio e della cappella – una curiosità: l’attore Christopher Lee, che ha visitato il maniero, è un discendente della famiglia Carandini, tra gli ultimi feudatari che si sono avvicendati tra le sue mura – e Carpineti, una delle fortezze più amate dalla contessa e tra le più inaccessibili e inespugnabili. «Sicuramente qui fu ospite Papa Gregorio VII – mi spiega Fabrizio Carponi di Ideanatura, società locale di servizi al turismo – perché è documentato da bolle e lettere; ma probabilmente anche Urbano II e Pasquale II vi soggiornarono: una pietra circolare ancora visibile nel pavimento della chiesetta del castello attesta, infatti, la presenza di personalità importanti del clero». A Carpineti, oltre ai resti imponenti del castello, tra i quali pare si aggiri il fantasma dell’Amorotto, un brigante cinqucentesco, sono bellissime anche la chiesa di Sant’Andrea, voluta da Matilde dopo la prima cerchia muraria e, raggiungibile con una passeggiata di mezz’ora nel verde dei boschi, la pieve di San Vitale, antico castrum romano e suggestivo esempio di arte romanico-bizantina. E a proposito di pievi, non si può non visitare, a una mezz’ora di strada tra castagneti e pascoli, quella fortificata di Toano, precedente all’anno Mille e miracolosamente intatta, adornata da preziosi capitelli con motivi geometrici e zoomorfi di pregevole fattura.
Da qui, come dal castello di Carpineti, il panorama a trecentosessanta gradi che si gode è di quelli che mozzano davvero il fiato. Il pensiero non può non correre ancora a Matilde: chissà quante volte avrà contemplato da quassù i suoi possedimenti.





I MIEI CONSIGLI
– Prevedete assolutamente un pranzo al ristorante Da Gianni e non abbiate paura di fare domande alla signora Anna: sarà felice di raccontarvi lo spaccato di di storia del quale è stata testimone.
– Per fare l’itinerario che vi propongo, l’ideale è un weekend: se cercate un posto tranquillo dove pernottare, nel borgo di Votigno ci sono alcune camere: dormirete nella quiete della natura, circondati da boschi e silenzio.
– Se concludete il vostro tour a Toano e cercate un posto sopra le righe dove cenare nelle vicinanze, vi consiglio l’Osteria del Maggio a Costabona: la cucina è casalinga e con molti prodotti a km0, l’atmosfera è accogliete e spesso c’è musica dal vivo.

