Bosnia,  city break

Weekend a Sarajevo: fascino balcanico

I segni della recente guerra, gli splendori ottomani, i palazzi asburgici regalano alla capitale della Bosnia Erzegovina un fascino unico, a tratti doloroso, ma sicuramente in grado di regalare sorprese inaspettate. Se avete un weekend a disposizione per scoprire Sarajevo, vi racconto cosa vedere

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È la città dei contrasti Sarajevo, non solo perché il suo centro storico ti confonde – a tratti ti sembra di essere in una medina mediorientale uscita da un racconto de Le Mille e Una Notte, con viette strette fitte di negozi, souk dal sapore ottomano e moschee con svettanti minareti, a tratti ti sembra invece di essere in una capitale asburgica, con eleganti palazzi fin de siecle, ristoranti raffinati e imponenti chiese – ma anche perché il suo tessuto urbano testimonia ancora la sua storia recente o meglio, ne porta ancora addosso i tragici segni, mostrati tuttavia con la dignità di un popolo che ha combattuto non solo per i propri valori, ma per la sua stessa sopravvivenza. Stiamo parlando, ovviamente, della guerra dei Balcani, che ha coinvolto Serbia, Croazia e Bosnia nella prima metà degli Anni 90, portando alla dissoluzione della Jugoslavia e all’affermazione dei diversi stati nazionali.

War tour: il sapore (amaro) della storia

E proprio la guerra può essere uno dei fil rouge per scoprire la città e ripercorrerne le vicende, a iniziare dal lungo assedio – oltre mille giorni! – che mise a durissima prova Sarajevo dal ’92 al ’95. Sicuramente il luogo più toccante – ma assolutamente imperdibile – è il Tunnel della Salvezza: ottocento metri scavati a mani nude da volontari che hanno lavorato ininterrottamente per quattro mesi e quattro giorni e che ha letteralmente permesso alla città di sopravvivere rifornendosi di viveri, gas, benzina, elettricità e armi (si calcola che venissero trasportate circa venti tonnellate di materiali al giorno e che fossero oltre quattromila le persone che lo attraversavano quotidianamente). Oggi il tunnel, che si trova vicino all’aeroporto – all’epoca della guerra protetto dalla Nazioni Unite e quindi zona franca dai bombardamenti – è percorribile per i primi venti metri – non se siete claustrofobici: è largo appena un metro e altro circa un metro e sessanta centimetri – e al suo esterno è stato allestito un piccolo museo dove viene proiettata anche una interessante videotestimonianza dell’epoca. 

Lasciando l’area dell’aeroporto, una passeggiata lungo il cosiddetto “viale dei cecchini” (in realtà Ulica Zmaja od Bosne, letteralmente la Strada del Dragone di Bosnia) consentirà di immergersi nella Sarajevo degli alti palazzi popolari e dei condomini “ad alveare” di matrice sovietica – molti dei quali portano ancora visibili le ferite del periodo bellico – armoniosamente mescolati a moderni grattacieli in vetro e acciaio e, man mano che ci si avvicina al centro, a edifici neoclassici; il soprannome dato al viale, ovviamente, non è casuale: i cecchini serbi e i pezzi d’artiglieria posizionati sulle colline circostanti prendevano costantemente di mira qualsiasi cosa si muovesse lungo l’ampia via e, a volte, il bersaglio erano proprio gli alti edifici, uno dei quali, in molti lo ricorderanno per la mole quadrata, è l’hotel Holiday Inn, quartier generale della stampa straniera durante la guerra.
Sempre lungo il viale si incontra forse il più toccante dei monumenti commemorativi, quello dedicato ai bambini uccisi durante il conflitto: alcuni cilindri in metallo ne riportano i nomi e le date di nascita e di morte; impossibile non commuoversi davanti a circa 1.600 vite spezzate, alcune ad appena pochi mesi di vita!

I tragici segni del conflitto balcanico sono ancora evidenti sulle facciate dei palazzi di Sarajevo

Un altro luogo-simbolo della guerra è la Vijecnica, la Biblioteca Nazionale, un bellissimo edificio in stile eclettico affacciato sul fiume Miljacka risalente alla fine del XIX e completamente distrutto nel 1992 in un rogo che durò ininterrottamente tre giorni e tre notti e causò la distruzione di migliaia di libri e manoscritti. Dopo quasi dieci anni di lavori, la biblioteca è stata riaperta nel 2014 e proclamata monumento nazionale.

La bellissima Biblioteca Nazionale, in stile eclettico


Infine, passeggiando per la città, prestate attenzione anche all’asfalto sul quale camminate: molto facilmente incontrerete qualche “rosa di Sarajevo”: nonostante il nome poetico, si tratta delle tracce di proiettili e colpi di mortaio che i cittadini bosniaci hanno voluto riempire di resina rossa per non dimenticare i luoghi di attentati e di vere proprie stragi, presidi della memoria che si incontrano uscendo dalla cattedrale, facendo shopping nelle vie centrali, o camminando lungo gli ariosi viali.
È una Sarajevo diversa quella che abbiamo voluto raccontarvi: una città che ha saputo lasciarsi alle spalle il periodo buio della guerra e che ora si affaccia sulla scena internazionale come una capitale vivace e traboccante di storia, cultura e joie de vivre. Ma che non vuole dimenticare.

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